Chiarimenti sui requisiti d’accesso al Reddito di Cittadinanza – Circolare INPS

Di seguito la circolare 100 che chiarisce i diritti di accesso al Reddito di Cittadinanza.

Legge 28 marzo 2019, n. 26, di conversione del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4. Modifiche alla disciplina del Reddito e della Pensione di cittadinanza

INDICE
1. Premessa
2. Introduzione e definizione
3. La richiesta del beneficio: il coinvolgimento degli Istituti di Patronato

4. I requisiti per l’accesso al beneficio

A) La mancata sottoposizione a misure cautelari e la mancanza di condanne definitive
B) I requisiti reddituali e patrimoniali: precisazioni sulla soglia in caso di nucleo in abitazione in locazione
C) L’attestazione dei requisiti per i cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea
5. La decorrenza del beneficio
6. Le variazioni patrimoniali
7. Le variazioni dell’attività lavorativa
8. Finanziamento e monitoraggio
9. L’abrogazione del ReI

 

1. Premessa

Con la legge 28 marzo 2019, n. 26, è stato convertito in legge, con modificazioni, il decreto- legge 28 gennaio 2019, n. 4, recante “Disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni” (di seguito Rdc e Pdc).

La presente circolare illustra le modifiche introdotte dalla citata legge di conversione e integra le indicazioni già fornite con la circolare n. 43 del 20 marzo 2019, che restano valide per quanto qui non espressamente richiamato.

In particolare, gli interventi maggiormente significativi che impattano sull’istruttoria delle domande riguardano i nuclei con componenti disabili e, specificatamente, i requisiti per accedere alla Pensione di cittadinanza.

Tra le principali modifiche si segnalano le seguenti:

– la preclusione a richiedere il beneficio se il richiedente è sottoposto a misura cautelare personale, anche adottata a seguito di convalida dell’arresto o del fermo, ovvero sia stato condannato, in via definitiva, nei dieci anni precedenti la richiesta, per taluno dei delitti di cui agli articoli 270-bis, 280, 289-bis, 416-bis, 416-ter, 422 e 640-bis del codice penale, nonché la neutralizzazione, ai fini della individuazione della scala di equivalenza (s.e.), di membri del nucleo che si trovino nelle predette condizioni di sottoposti a una misura cautelare ovvero condannati (cfr. successivo paragrafo 4, lettera A);

– nel caso di nuclei familiari con minorenni, il calcolo dell’ISEE avviene ai sensi dell’articolo 7 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 5 dicembre 2013, n. 159, c.d. ISEE minori (cfr. successivo paragrafo 4, lettera B);
– il requisito del patrimonio immobiliare va verificato su quello esistente non solo in Italia, ma anche all’estero e, in relazione al patrimonio mobiliare, va considerato l’incremento dei relativi massimali per ogni componente con disabilità grave o non autosufficienza, come definita a fini ISEE, presente nel nucleo (cfr. successivo paragrafo 4, lettera B);

– la Pensione di cittadinanza può essere erogata anche mediante gli strumenti ordinariamente in uso per il pagamento delle pensioni. L’attuazione di tale disposizione, tuttavia, non è immediata, essendo rimessa all’adozione di un apposito decreto del Ministro del Lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle finanze, da emanarsi entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge di conversione.

Particolare attenzione, ai fini dell’accoglimento della richiesta del beneficio Rdc/Pdc, va posta in ordine alle previsioni di cui all’articolo 2, commi 1-bis e 1-ter, secondo cui i cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea devono produrre una certificazione rilasciata dalla competente autorità dello Stato estero, sui requisiti di reddito e patrimoniali, nonché sulla composizione del nucleo familiare. La norma prevede che la certificazione debba essere

presentata in una versione tradotta in lingua italiana e legalizzata dall’autorità consolare italiana (che ne attesta la conformità all’originale).

Quanto sopra in conformità alle disposizioni di cui all’articolo 3 del D.P.R. n. 445/2000 e all’articolo 2 del D.P.R. n. 394/1999, relativamente agli stati, qualità e/o fatti autocertificabili, ai sensi degli articoli 46 e 47 del citato D.P.R n. 445/2000, da cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea (cfr. successivo paragrafo 4, lettera C).

A seguito delle modifiche introdotte con la legge di conversione n. 26/2019, è venuta meno inoltre l’esclusione dal Rdc, prevista dal decreto-legge prima della conversione, per i nuclei familiari che abbiano tra i componenti soggetti disoccupati a seguito di dimissioni volontarie, con riferimento ai dodici mesi successivi alla data delle dimissioni e fatte salve le dimissioni per giusta causa. La legge di conversione, infatti, limita l’esclusione al solocomponente disoccupato che abbia presentato le dimissioni volontarie, riducendo nella misura di 0,4 punti il parametro della scala di equivalenza ai fini del reddito di cittadinanza.

2. Introduzione e definizione

Il decreto-legge n. 4/2019, convertito dalla legge n. 26/2019, recante “Disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni” ha istituito, a decorrere dal mese di aprile 2019, il Reddito di cittadinanza.

Con circolare n. 43/2019 è stato chiarito che il Reddito di cittadinanza è una misura di politica attiva del lavoro a garanzia del diritto al lavoro, di contrasto alla povertà, alla disuguaglianza e all’esclusione sociale, destinata a favorire il diritto all’informazione, all’istruzione, alla formazione, alla cultura, attraverso politiche volte al sostegno economico e all’inserimento sociale dei soggetti a rischio di emarginazione nella società e nel mondo del lavoro.

La misura assume la denominazione di Pensione di cittadinanza quale misura di contrasto alla povertà delle persone anziane che, per effetto della modifica introdotta in sede di conversione all’articolo 1, comma 2, del decreto-legge, è concessa anche qualora il componente o i componenti del nucleo familiare di età pari o superiore a 67 anni convivano esclusivamente con una o più persone in condizione di disabilità grave o di non autosufficienza (come definite ai fini ISEE), indipendentemente dall’età di tali soggetti.

Il beneficio del Rdc, anche a seguito della conversione del decreto-legge, resta condizionato al rilascio, da parte dei componenti maggiorenni del nucleo familiare, della dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro (DID), nonché all’adesione ad un percorso personalizzato di accompagnamento all’inserimento lavorativo e all’inclusione sociale, che prevede attività al servizio della comunità, di riqualificazione professionale, di completamento degli studi, nonché altri impegni individuati dai servizi competenti finalizzati all’inserimento nel mercato del lavoro e all’inclusione sociale.

Ai sensi dell’articolo 4, comma 2, del decreto-legge sono esclusi dalla DID i soggetti maggiorenni già occupati[1] o che frequentino un regolare corso di studi (in sede di conversione viene meno il riferimento anche ai corsi di formazione). Sono esclusi altresì i seguenti soggetti:

– percettori di Rdc, titolari di pensione diretta;
– beneficiari della Pdc;
– soggetti di età pari o superiore a 65 anni;
– soggetti con disabilità, come definita ai sensi della legge 12 marzo 1999, n. 68, per i quali nella legge di conversione viene prevista la possibilità di richiedere la volontaria adesione ad un percorso personalizzato di accompagnamento all’inserimento lavorativo e all’inclusione sociale che tenga conto delle condizioni e necessità specifiche dell’interessato.

Restano inoltre sempre possibili gli esoneri dalla DID, a cura del centro per l’impiego, per i

soggetti con carichi di cura per componenti del nucleo minori di tre anni o disabili gravi e non autosufficienti, come definiti ai fini ISEE, oltre che per i lavoratori di cui al comma 15-quater (che percepiscono un reddito da lavoro annuo non superiore alla soglia di esenzione fiscale) e per coloro che frequentano corsi di formazione.

3. La richiesta del beneficio: il coinvolgimento degli Istituti di Patronato

Ai sensi dell’articolo 5, comma 1, del decreto-legge, in sede di conversione, si conferma che il Rdc può essere richiesto, dopo il quinto giorno di ciascun mese, presso il gestore del servizio integrato di cui all’articolo 81, comma 35, lettera b), del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, anche in modalità telematica accedendo con SPID al portale redditodicittadinanza.gov.it.

La richiesta può essere effettuata altresì presso i centri di assistenza fiscale, di cui all’articolo 32 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, nonché, a decorrere dal mese di aprile, presso gli Istituti di Patronato di cui alla legge n. 152/2001, sia con riferimento alla presentazione della domanda che ai modelli di comunicazione “Ridotto” ed “Esteso”. Al riguardo, la norma chiarisce che tali prestazioni saranno valutate come al numero 8 della tabella D allegata al regolamento di cui al decreto del Ministero del Lavoro, della salute e delle politiche sociali 10 ottobre 2008, n. 193.

I nuovi moduli di domanda e i modelli di comunicazione “Ridotto” ed “Esteso”, pubblicati sul sito internet dell’Istituto e allegati alla presente circolare, sono stati approvati con determina del Direttore generale dell’INPS n. 43 del 2 aprile 2019, sentito il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali e, per effetto di quanto previsto in sede di conversione, sentito anche il Garante per la protezione dei dati personali.

4. I requisiti per l’accesso al beneficio

L’articolo 2 del decreto-legge stabilisce i requisiti per essere ammessi al beneficio di Rdc/Pdc, riconosciuto ai nuclei familiari che ne siano in possesso, al momento della presentazione della domanda e per tutta la durata dell’erogazione del beneficio.

Per la definizione del nucleo familiare, all’articolo 2, comma 5, il decreto-legge ha integrato la normativa ISEE sulla composizione del nucleo in materia di coniugi separati o divorziati e di figli maggiorenni non conviventi, a carico IRPEF dei genitori. In particolare, viene precisato che i coniugi separati o divorziati fanno parte dello stesso nucleo familiare qualora continuino a risiedere nella stessa abitazione. Questi continuano a far parte dello stesso nucleo anche nell’ipotesi in cui risiedano nella stessa abitazione, ma risultino in due stati di famiglia distinti. Pertanto, affinché i coniugi separati o divorziati costituiscano due nuclei diversi, è necessario che abbiano due diverse residenze.

Al riguardo, nella legge di conversione viene precisato che, laddove la separazione o il divorzio siano avvenuti successivamente alla data del 1° settembre 2018, il cambio di residenza deve essere certificato da apposito verbale della polizia locale.

Inoltre, la lettera a-bis) del medesimo articolo 2, comma 5, introdotta sempre in sede di conversione del decreto-legge, prevede che i componenti già facenti parte di un nucleo familiare come definito ai fini ISEE, o del medesimo nucleo come definito ai fini anagrafici, continuino a farne parte ai fini ISEE anche a seguito di variazioni anagrafiche, laddove continuino a risiedere nella medesima abitazione.

A) La mancata sottoposizione a misure cautelari e la mancanza di condanne definitive

Come anticipato in premessa, all’articolo 2, comma 1, è stata inserita dalla legge di conversione la nuova lettera c-bis), che prevede per il richiedente il beneficio, al momento della presentazione della domanda, la mancata sottoposizione a misura cautelare personale, anche adottata a seguito di convalida dell’arresto o del fermo, nonché la mancanza di condanne definitive, intervenute nei dieci anni precedenti la richiesta, per taluno dei delitti indicati all’articolo 7, comma 3, del medesimo decreto-legge[2].

Tale disposizione va letta in combinato disposto con l’articolo 3, comma 13, del decreto-legge n. 4/2019, che in tema di “beneficio economico” precisa che nel caso in cui nel nucleo siano presenti componenti soggetti a misura cautelare o condannati per i predetti reati, tali soggetti non incidono sulla scala di equivalenza.

Sul tema, infine, si evidenzia il nuovo articolo 7-ter del decreto-legge, introdotto dalla legge di conversione, che prevede, per i soggetti sottoposti a misure cautelari ovvero condannati con sentenza non definitiva per taluno dei delitti indicati al citato articolo 7, comma 3, l’applicazione, a cura del giudice che ha comminato la sanzione accessoria, della sospensione del beneficio Rdc. Sul punto, la norma stabilisce altresì che, ai fini della loro immediata esecuzione, i provvedimenti di sospensione sono comunicati a cura dell’autorità giudiziaria procedente entro il termine di quindici giorni dallo loro adozione. La comunicazione del giudice è rivolta all’INPS per l’inserimento nelle piattaforme di cui all’articolo 6 del medesimo decreto- legge, che hanno in carico la posizione dell’indagato o imputato o condannato.

A tal proposito, in ordine alla decorrenza del nuovo requisito soggettivo, in sede di conversione, è stato aggiunto all’articolo 13 del decreto-legge il comma 1-bis, in base al quale “Sono fatte salve le richieste del Rdc presentate sulla base della disciplina vigente prima della data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. I benefici riconosciuti sulla base delle predette richieste sono erogati per un periodo non superiore a sei mesi pur in assenza dell’eventuale ulteriore certificazione, documentazione o dichiarazione sul possesso dei requisiti, richiesta in forza delle disposizioni introdotte dalla legge di conversione del presente decreto ai fini dell’accesso al beneficio”.

Al riguardo, si evidenzia che le domande presentate sulla base della disciplina vigente prima della data di entrata in vigore della legge di conversione non prevedevano la dichiarazione di responsabilità relativa alla eventuale presenza nel nucleo di componenti sottoposti a misura cautelare personale, nonché condannati con sentenza definitiva intervenuta nei dieci anni precedenti la richiesta per i delitti previsti dagli articoli 270-bis, 280, 289-bis, 416-bis, 416- ter, 422 e 640-bis del codice penale.

Inoltre, solo in sede di conversione è stato previsto che il richiedente il beneficio non debba essere sottoposto a misura cautelare personale, anche adottata a seguito di convalida dell’arresto o del fermo, e non debba essere stato condannato in via definitiva, nei dieci anni precedenti la richiesta, per taluno dei delitti di cui agli articoli 270-bis, 280, 289-bis, 416-bis, 416-ter, 422 e 640-bis del codice penale.

Saranno successivamente comunicate le soluzioni adottate relativamente a tali domande.

Esempio: nucleo familiare di 3 maggiorenni, di cui uno sottoposto ad una misura cautelare e/o condannato in via definitiva, il parametro della s.e. è pari a 1,4, così calcolato: 1 (primo maggiorenne) + 0,4 (per il secondo maggiorenne), senza considerare il terzo componente sottoposto alle predette misure

B) I requisiti reddituali e patrimoniali: precisazioni sulla soglia in caso di nucleo in abitazione in locazione

Con la conversione in legge del decreto resta fermo che la verifica del possesso dei requisiti reddituali e patrimoniali avviene mediante l’attestazione ISEE, in corso di validità all’atto di presentazione della domanda, nella quale sia presente il richiedente il Rdc.

A tal proposito, come già precisato dalla circolare n. 43/2019, è sufficiente che all’atto di presentazione della domanda di Rdc, per il nucleo familiare per il quale si richiede la prestazione, sia stata presentata la Dichiarazione Sostitutiva Unica (di seguito denominata DSU) ai fini ISEE, ordinario o corrente. Come previsto dalla legge di conversione, nel caso di nuclei familiari con minorenni, l’ISEE è calcolato ai sensi dell’articolo 7 del D.P.C.M. n. 159 del 2013. Pertanto, laddove presente, rileva l’ISEE minorenni riferibile al nucleo in cui è presente il dichiarante, in luogo di quello ordinario.

Tanto premesso, ai sensi dell’articolo 2, comma 1, lettera b), del decreto-legge n. 4/2019, il nucleo familiare deve essere in possesso dei seguenti requisiti reddituali e patrimoniali, come aggiornati dalla legge di conversione:

– un valore dell’ISEE, di cui al D.P.C.M. n. 159 del 2013, inferiore a 9.360 euro;

– un valore del patrimonio immobiliare, come definito a fini ISEE, diverso dalla casa di abitazione, non superiore ad una soglia di 30.000 euro; il valore del patrimonio immobiliare è relativo ai beni posseduti sia in Italia che all’estero. Gli immobili all’estero vanno dichiarati nell’ISEE con riferimento al valore al 31 dicembre dell’anno precedente, ai fini dell’imposta sul valore degli immobili situati all’estero (IVIE), di cui all’articolo 19, comma 15, del decreto- legge 6 dicembre 2011, n. 201;

– un valore del patrimonio mobiliare, come definito a fini ISEE, non superiore a una soglia di 6.000 euro, accresciuta di 2.000 euro per ogni componente il nucleo familiare successivo al primo, fino ad un massimo di 10.000 euro, incrementato di ulteriori 1.000 euro per ogni figlio successivo al secondo; le predette soglie sono ulteriormente incrementate di 5.000 euro per ogni componente con disabilità media, cosi come definita a fini ISEE, presente nel nucleo e di 7.500 euro per ogni componente in condizione di disabilità grave o di non autosufficienza;

Esempio: nucleo familiare di 3 soggetti di cui 1 disabile medio, il valore massimo del patrimonio mobiliare è pari a 15.000 euro, così calcolato: [6.000+(2.000*2)] = 10.000 euro, incrementato di 5.000 euro (per 1 componente disabile).

Esempio: nucleo familiare di 3 soggetti di cui 1 disabile grave, il valore massimo del patrimonio mobiliare è pari a 17.500 euro, così calcolato: [6.000+(2.000*2)] = 10.000 euro, incrementato di 7.500 euro (per 1 componente disabile grave).

Esempio: nucleo familiare di 4 soggetti, madre e 3 figli di cui 1 disabile grave, il valore massimo del patrimonio mobiliare è pari a 18.500 euro, così calcolato: [6.000+(2.000*2)] = 10.000 euro, incrementato di 1.000 euro per il terzo figlio e di 7.500 euro (per 1 componente disabile grave).

– un valore del reddito familiare inferiore ad una soglia di 6.000 euro annui, moltiplicata per il corrispondente parametro della scala di equivalenza ai fini Rdc. La predetta soglia è incrementata a 7.560 euro ai fini dell’accesso alla Pdc. In ogni caso, la soglia è incrementata a 9.360 euro, sempre moltiplicata per il corrispondente parametro della scala di equivalenza ai fini Rdc, nei casi in cui il nucleo familiare risieda in abitazione in locazione, come da dichiarazione sostitutiva unica ai fini ISEE.

Al riguardo, tenuto conto delle richieste di chiarimento pervenute all’INPS e agli intermediari incaricati della ricezione delle domande, si precisa che il reddito familiare ai fini Rdc/Pdc non coincide con il valore ISR (Indicatore della Situazione Reddituale) rilevabile dall’attestazione ISEE, posto che per la determinazione del reddito familiare l’articolo 2, comma 6, del decreto- legge n. 4/2019, richiama esclusivamente l’articolo 4, comma 2, del D.P.C.M. n. 159 del 2013. Il mancato rinvio anche ai commi 3 e 4 del citato articolo comporta che la base di partenza per il calcolo del reddito familiare sia data dalla somma di tutti i redditi e trattamenti assistenziali che già concorrono alla formazione dell’ISR (reddito complessivo ai fini IRPEF di tutti i componenti, redditi soggetti a tassazione sostitutiva o a ritenuta d’imposta, redditi esenti, assegni per il mantenimento dei figli, reddito figurativo di attività finanziarie, ecc.), senza tuttavia poter operare anche la sottrazione delle componenti che invece vengono sottratte nell’ambito dell’ISEE (le spese sanitarie per disabili, gli assegni per il coniuge, la deduzione per redditi da lavoro dipendente ovvero pensione, le spese su base nucleo per il canone di locazione, ecc.).

Esempio: nucleo familiare composto da 4 componenti con s.e. Rdc pari a 1,8 (due adulti e due minorenni). Il nucleo familiare ha esclusivamente un reddito da lavoro dipendente pari a 15.000 euro (da assumere al lordo della detrazione per lavoro dipendente pari al 20% con un massimo di 3.000 euro). In assenza di canone di locazione e patrimonio, il valore ISEE è pari a 4.878,04 euro (con s.e. ISEE pari a 2,46). Il reddito familiare ai fini Rdc si calcola partendo dal reddito complessivo IRPEF desumibile dal quadro FC 8, sez. II, della DSU, preso al lordo della predetta deduzione per reddito da lavoro dipendente. Non si deve invece tenere conto dell’importo della prima riga dell’attestazione ISEE denominata “Somma dei redditi dei componenti del nucleo” poiché tale importo è al netto della franchigia per lavoro dipendente. Nell’ipotesi la soglia Rdc per il nucleo in riferimento è pari a 10.800 euro (6.000 x 1.8)e pertanto il beneficio non spetta.

La norma precisa altresì che il valore del reddito familiare deve essere assunto al netto dei trattamenti assistenziali eventualmente inclusi nell’ISEE ed inclusivo del valore annuo dei trattamenti assistenziali in corso di godimento da parte dei componenti il nucleo familiare, fatta eccezione per le prestazioni non sottoposte alla prova dei mezzi.

Come chiarito nella circolare n. 43/2019, i trattamenti sono comunicati dagli enti erogatori al “SIUSS” (Sistema Informativo Unitario dei Servizi Sociali) entro quindici giorni, ma l’INPS terrà conto anche di quelli rilevabili direttamente dai propri archivi.

Esempio: nucleo con due componenti maggiorenni in locazione (s.e. Rdc pari a 1,4), reddito familiare pari a 6.688,42 euro, ivi incluso l’assegno sociale percepito per 6 mensilità (e relativo rateo di tredicesima) in misura pari a 2.912,45 euro (desumibile dal quadro FC 8, sez. III, della DSU), percepito nel 2017. Nel 2019, percepirà il predetto assegno sociale su base annua in misura pari a 5.953,87 euro. Pertanto, il reddito familiare al netto dei trattamenti presenti nell’ISEE ed inclusivo di quelli in corso di godimento su base annua è pari 9.729,84 euro.

Ai fini della determinazione del beneficio, il successivo articolo 3, comma 1, stabilisce che il beneficio si compone delle seguenti due quote:

a) una componente, ad integrazione del reddito familiare fino alla soglia di 6.000 euro annui moltiplicata per il corrispondente parametro della scala di equivalenza. Per la Pdc la soglia è incrementata a 7.560 euro;
b) una componente, ad integrazione del reddito dei nuclei familiari residenti in abitazione in locazione, pari all’ammontare del canone annuo previsto nel contratto di locazione, come dichiarato ai fini ISEE, fino ad un massimo di 3.360 euro annui. In caso di nuclei residenti in abitazioni di proprietà, per il cui acquisto o costruzione sia stato contratto un mutuo, il limite è di 1.800 euro. In caso di Pdc, il limite massimo è comunque pari a 1.800 euro annui.

Relativamente al calcolo del beneficio complessivo, consistente nella quota A e nella quota B, l’importo massimo del beneficio spettante va calcolato nel rispetto del limite di cui all’articolo

3, comma 4, del decreto-legge. Tale limite risulta rilevante nel caso in cui il reddito familiare superi la soglia per accedere alla quota A, ma non la soglia per accedere al beneficio, nel caso in cui il nucleo risieda in una casa in locazione o abbia contratto un mutuo. In tale circostanza, ai nuclei beneficiari che vivono in abitazione in locazione ovvero hanno il mutuo, secondo quanto precisato dal Ministero del Lavoro e delle politiche sociali nel rispetto dell’importo massimo del beneficio previsto dall’articolo 3, comma 4, del decreto-legge, seppure non spetti la quota A, può spettare la componente ad integrazione dell’affitto ovvero del mutuo, fino a concorrenza del valore di 9.360 euro moltiplicato per la soglia della scala di equivalenza, ridotto del reddito familiare.

In ipotesi di nucleo in locazione con reddito familiare pari a 13.000 euro e scala di equivalenza pari a 1,6, si ha pertanto:

QUOTA A = [(6.000*1,6) – 13.000] che essendo negativo viene posto pari a zero QUOTA B0= [(soglia 9.360 x 1,6) – 13.000] pari a 1.976 euro annui (165 euro mensili)

AFFITTO CORRISPOSTO = 1.500 euro QUOTA B1 (min. importo) = 125 euro mensili

L’importo spettante a titolo di integrazione per affitto o mutuo avrebbe potuto raggiungere il valore teorico massimo di 165 euro mensili (B0), tuttavia, il canone annuo effettivamente corrisposto dal nucleo è pari a 1.500 euro, per un importo mensile di 125 euro (B1). Pertanto, sarà questo l’importo massimo corrisposto come quota B posto che spetta sempre il minor importo tra l’integrazione della soglia ottenuta moltiplicando la somma di 9.360 per la scala di equivalenza al netto del reddito familiare e la somma effettivamente corrisposta a titolo di affitto o mutuo.

Con riferimento alla scala di equivalenza per Rdc/Pdc, l’articolo 2, comma 4, del decreto-legge definisce i parametri di calcolo nel seguente modo: parametro 1 per il primo componente del nucleo familiare, incrementato di 0,4 per ogni ulteriore componente di età maggiore di anni 18 e di 0,2 per ogni ulteriore componente minorenne, fino ad un massimo di 2,1.

In sede di conversione in legge è stato previsto che il valore massimo è incrementato a 2,2, nel caso in cui nel nucleo familiare siano presenti componenti in condizione di disabilità grave o di non autosufficienza, come definite ai fini ISEE.

Sono ininfluenti per la scala di equivalenza, ai fini Rdc/Pdc, i componenti del nucleo che si trovino nelle seguenti situazioni:

a) stato detentivo;
b) ricovero in istituti di cura di lunga degenza o altre strutture residenziali a totale carico dello Stato o di altra P.A.;
c) disoccupati a seguito di dimissioni volontarie, nei dodici mesi successivi alla data delle dimissioni, fatte salve le dimissioni per giusta causa (modifica inserita in sede di conversione in legge);
d) sottoposti a misura cautelare personale ovvero condannati con sentenza definitiva intervenuta nei dieci anni precedenti la richiesta per i delitti previsti dagli articoli 270-bis, 280, 289-bis, 416-bis, 416-ter, 422 e 640-bis del codice penale (modifica inserita in sede di conversione in legge).

C) L’attestazione dei requisiti per i cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea

Esempio: nucleo familiare di 5 maggiorenni, di cui 1 in condizione di disabilità grave, il parametro della s.e. è pari a 2,2 così calcolato: 1 (primo maggiorenne) + (0,4*4) per gli altri quattro = 2,6, ridotto a 2,2 quale limite massimo previsto dalla norma.

Tra le modifiche più rilevanti introdotte dalla legge di conversione, si segnala il nuovo regime ad hoc previsto dall’articolo 2, commi 1-bis e 1-ter, del decreto-legge, con particolare riferimento ai requisiti reddituali e patrimoniali da parte dei cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea.

La norma, al comma 1-bis, pone l’obbligo in capo ai cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea di produrre in fase di istruttoria, ai fini dell’accoglimento delle domande, una certificazione dell’autorità estera competente, tradotta in lingua italiana e legalizzata dall’autorità consolare italiana, conformemente a quanto disposto dall’articolo 3 del testo unico di cui al D.P.R. n. 445/2000[3] e dall’articolo 2 del D.P.R. n. 394/1999.

Al fine di dare tempestiva attuazione a tale specifica disciplina, si è provveduto ad aggiornare la modulistica per la presentazione della domanda, inserendo un’apposita dichiarazione di consapevolezza sulla necessità di produrre l’apposita certificazione da parte dei soggetti in argomento.

Il comma 1-ter dell’articolo 2, peraltro, prevede che le disposizioni del comma 1-bis non si applicano nei seguenti casi: a) nei confronti di cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea aventi lo status di rifugiato politico; b) qualora convenzioni internazionali dispongano diversamente; c) nei confronti di cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea nei quali è oggettivamente impossibile acquisire le certificazioni di cui al predetto comma 1-bis.

Al riguardo, il comma 1-ter demanda ad un decreto attuativo del Ministro del Lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro degli Affari esteri e dellacooperazione internazionale, l’individuazione dei Paesi i cui cittadini sono esonerati dall’obbligo di cui al comma 1-bis, per oggettiva impossibilità di produrre tale documentazione.

Ciò posto, nelle more dell’emanazione del citato decreto attuativo, l’Istituto ha provveduto a sospendere l’istruttoria di tutte le domande presentate a decorrere dal mese di aprile 2019 da parte di richiedenti non comunitari.

Dopo la pubblicazione del predetto decreto ed in relazione al contenuto dello stesso, l’Istituto provvederà a definire le domande in argomento.

5. La decorrenza del beneficio

Ai sensi dell’articolo 3, comma 5, del decreto-legge, il beneficio Rdc è erogato a decorrere dal mese successivo a quello della domanda. Le informazioni contenute nella domanda devono essere trasmesse dagli intermediari all’INPS entro dieci giorni lavorativi dalla richiesta, ai sensi dell’articolo 5, comma 1, del decreto-legge.

È inoltre previsto che, ai fini del riconoscimento del beneficio, l’INPS verifica, entro i successivi cinque giorni lavorativi, il possesso dei requisiti per l’accesso al Rdc, sulla base delle informazioni disponibili nei propri archivi e in quelli delle amministrazioni collegate e che la domanda è definita entro la fine del mese successivo alla trasmissione della stessa all’Istituto.

6. Le variazioni patrimoniali

Ai sensi dell’articolo 3, comma 11, del decreto-legge, il beneficiario è obbligato a comunicare all’INPS, mediante il modello “Rdc/Pdc – Com Esteso”, nel termine di quindici giorni

dall’evento, pena la decadenza dal beneficio, ogni variazione patrimoniale relativa ai beni immobili che comporti la perdita dei requisiti di cui all’articolo 2, comma 1, lettera b), numero 2), e lettera c), del decreto istitutivo del Rdc.

Inoltre, la legge di conversione ha disposto che, con specifico riferimento al patrimonio mobiliare, come definito ai fini ISEE, di cui all’articolo 2, comma 1, lettera b), numero 3)[4], l’eventuale variazione patrimoniale che comporti la perdita dei requisiti deve essere comunicata entro il 31 gennaio relativamente all’anno precedente, ove non già compresa nella DSU. La norma, peraltro, precisa che la perdita dei requisiti si verifica anche nel caso di acquisizione del possesso di somme o valori superiori alle soglie di cui all’articolo 2, comma 1, lettera b), numero 3), a seguito di donazione, successione o vincite, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 5, comma 6, del decreto-legge, e in tal caso deve essere comunicata entro quindici giorni dall’acquisizione.

7. Le variazioni dell’attività lavorativa

Lo svolgimento di attività lavorativa da parte di uno o più componenti il nucleo familiare, durante l’erogazione della prestazione, è compatibile con il Rdc, secondo quanto stabilito dall’articolo 3, commi 8 e 9, del decreto-legge.

Pertanto, i redditi derivanti dallo svolgimento della suddetta attività di lavoro dipendente e/o autonomo devono essere comunicati all’INPS entro trenta giorni dall’inizio dell’attività stessa. La comunicazione avviene mediante il modello “Rdc/Pdc – Com Esteso” e la variazione reddituale, comunicata nelle modalità sotto dettagliate, rileva al fine della determinazione del beneficio.

Riguardo il modello “Rdc/Pdc – Com Esteso”, secondo quanto previsto dalla legge di conversione, la comunicazione non avviene più per il tramite della piattaforma digitale per il Patto per il lavoro ovvero di persona presso i CPI, ma all’INPS per il tramite dei CAF, degli Enti di patronato o direttamente accedendo con PIN dispositivo sul sito istituzionale dell’INPS (www.inps.it).

Come già precisato nella circolare n. 43/2019, con riferimento all’atto di presentazione della domanda non devono essere comunicati i redditi derivanti da attività socialmente utili, tirocini formativi e di orientamento, servizio civile, nonché contratto di prestazione occasionale e libretto di famiglia.

8. Finanziamento e monitoraggio

L’articolo 12 del decreto-legge reca la quantificazione e la copertura finanziaria delle misure introdotte del Rdc e della Pdc, nonché degli incentivi di cui all’articolo 8 del decreto. I limiti di spesa sono stati modificati in sede di conversione e così rideterminati: nella misura di 5.906,8 milioni di euro nel 2019, di 7.166,9 milioni di euro nel 2020, di 7.391 milioni di euro nel 2021 e di 7.245,9 milioni di euro annui a decorrere dal 2022.

Tali fondi sono iscritti su apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero del Lavoro e

Esempio: un componente del nucleo beneficiario di Rdc riceve a seguito di una successione un immobile diverso dalla casa di abitazione per un valore ai fini IMU pari a 87.000 euro, come definito ai fini ISEE. Pertanto, in tale caso deve essere comunicato, entro 15 giorni, tramite il modello “Rdc/Pdc – Com Esteso”, l’avvenuta variazione che ha comportato il superamento della soglia massima di 30.000 euro per l’accesso al beneficio.

delle politiche sociali, denominato “Fondo per il reddito di cittadinanza” e sono trasferite annualmente all’INPS su apposito conto corrente di tesoreria centrale ad esso intestato, da cui sono prelevate le risorse necessarie per l’erogazione del beneficio da trasferire sul conto acceso presso Poste Italiane, con cui è stipulata apposita convenzione.

Restano escluse dal trasferimento all’Istituto, come precisato dal combinato disposto dell’articolo 12, comma 2, con l’articolo 13, comma 1, del decreto-legge n.4/2019, le risorse necessarie per l’erogazione del ReI.

Ai fini del rispetto dei limiti di spesa annuali, l’INPS accantona un ammontare di risorse pari alle mensilità spettanti nell’anno, per ciascuna annualità, in cui il beneficio è erogato. Per tenere conto degli incentivi, è altresì accantonato all’inizio di ciascuna annualità un ammontare pari alla metà di una mensilità aggiuntiva per ciascun nucleo beneficiario da oltre sei mesi. È stato previsto, inoltre, un meccanismo di rimodulazione dell’ammontare del beneficio che opera all’esaurimento delle risorse non accantonate.

Compete inoltre all’INPS il monitoraggio delle erogazioni del Rdc e degli incentivi. Qualora l’ammontare degli accantonamenti per gli oneri futuri raggiunga il 90% delle risorse disponibili, previste dall’articolo 12, comma 1, del decreto istitutivo del Rdc, l’INPS invia tempestiva comunicazione al Ministero del Lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell’Economia e delle finanze.

In caso di esaurimento delle risorse disponibili per l’esercizio di riferimento, con decreto del Ministro del Lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle finanze, da adottarsi entro trenta giorni dall’esaurimento di dette risorse, è ristabilita la compatibilità finanziaria mediante rimodulazione dell’ammontare del beneficio.

Nelle more dell’adozione del suddetto decreto, l’acquisizione di nuove domande e le erogazioni sono sospese.

La rimodulazione dell’ammontare del beneficio opera, esclusivamente, nei confronti delle erogazioni del beneficio successive all’esaurimento delle risorse non accantonate.

9. L’abrogazione del ReI

Ai sensi dell’articolo 13 del decreto istitutivo del Rdc, a decorrere dal mese di marzo 2019, il Reddito di inclusione non può essere più richiesto e a decorrere dal successivo mese di aprile non è più riconosciuto né rinnovato per una seconda volta.

Pertanto, l’ultima data utile per la presentazione della domanda di ReI è stata il 28 febbraio 2019. La legge di conversione del decreto-legge in esame ha circoscritto il termine entro il quale i Comuni possono inviare all’Istituto le domande di ReI.

Nello specifico, è stato previsto che le richieste presentate ai Comuni entro il 28 febbraio 2019, ai fini del riconoscimento del beneficio, devono pervenire all’INPS entro i successivi sessanta giorni.

Per coloro ai quali il ReI sia stato riconosciuto in data anteriore al mese di aprile 2019 (domande presentate entro il 28 febbraio 2019), il beneficio continua ad essere erogato per la durata inizialmente prevista, fatta salva la possibilità di presentare domanda per il Rdc, nonché il progetto personalizzato definito ai sensi dell’articolo 6 del decreto legislativo n. 147/2017.

Dall’accoglimento della domanda di Rdc/Pdc deriva la decadenza della domanda di ReI.