Immigrati e rappresentanza: Il rapporto INPS 2017

Ieri Boeri, Presidente INPS ha illustrato l’annuale rapporto dell’istituto sottolineando i numeri e la qualità dell’occupazione in Italia, sollevando polemiche (ingiuste) sul tema dei migranti come valore aggiunto, anzi indispensabile per il nostro paese e per la tenuta dei conti previdenziali. Molto del dibattito a seguire è risultato fuorviante, in particolare sui social network, ma anche sui media tradizionali. Si è confuso il tema degli sbarchi in massa dalla Libia, il problematico tema dei nullafacenti ben visibili nelle città con chi ha invece un regolare permesso di soggiorno, lavora con contratto e contribuisce con i suoi versamenti che a volte nemmeno fruisce, alla cassa di previdenza. Si stima che solo nel 2060 vedremo uno strutturato ritorno per pensioni maturate di queste persone. Oggi loro aiutano e Boeri, riferendosi proprio a questi, ha quantificato questo aiuto.

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Considerato che Boeri voleva sfatare qualche mito consolidato in questa epoca di populismi (senza riuscirci), i numeri che ha reso noti certamente riconsegnano una dimensione reale di quanto accade nel mondo del lavoro che è rappresentato dalla tabella qui sopra che mi interessava sottolineare, anche per i differenziali retributivi che inducono a ritenere che le attività svolte dai lavoratori non UE siano di “low profile”, quelli che gli italiani non vogliono più fare si dice spesso.

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Ecco invece la materia più specifica del contendere; E’ stato rappresentato uno scenario di blocco degli ingressi e relative regolarizzazioni sui conti previdenziali da oggi al 2040. In 22 anni “Come si vede dai grafici seguenti, l’impatto in termini di saldo netto finanziario è negativo e crescente fino a raggiungere nel 2040 un importo cumulato pari a oltre l’1,8% del Pil (più di 37 miliardi). Tale saldo si compone di minori entrate cumulate pari complessivamente a 72,6 miliardi e a minori oneri per prestazioni previdenziali pari a 35,1 miliardi di euro alla fine del periodo di previsione”.

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Inutile negare che questo è un tema da tenere ben presente quando nel dibattito si tende invece a banalizzare il tema di integrazione nel nostro sistema economico se non, come accade in queste ore, a ridicolizzarlo.

“perché si portano i soldi all’estero”! dicono, ah si? Ecco come e dove vengono pagate le pensioni oggi

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I consueti dati occupazionali già noti per effetto dei rapporti mensili ISTAT e dell’ottimo osservatorio INPS che trimestralmente pubblica dati sul mercato del lavoro in particolare “precario”, li trovate su tutti i media, interessante considerare invece l’affermazione di Boeri che è nella sua relazione e non nel rapporto, spiegando la bontà di un “salario minimo che oggi sfugge alla contrattazione collettiva” e circa la rappresentatività del sindacato. Dice: “Introducendo un salario minimo in Italia avremmo il duplice vantaggio di favorire il decentramento della contrattazione e di offrire uno zoccolo retributivo minimo per quel crescente numero di lavoratori che sfugge alle maglie della contrattazione. Le premesse per introdurre un salario minimo in Italia ci sono già. Di fatto il nuovo contratto di prestazione occasionale, in vigore fra qualche giorno, viene a fissare per legge una retribuzione minima oraria (12 euro per il datore di lavoro, 9 al netto dei contributi sociali in tasca al lavoratore) e anche un quantitativo minimo di ore di lavoro da prestare, consentendo peraltro il controllo sulla durata effettiva della prestazione. Di qui il passo è breve per introdurre un salario minimo orario nel nostro ordinamento. (….)

Oggi paradossalmente i maggiori detrattori del salario minimo sono i sindacati.

Temono che tolga spazio alla contrattazione collettiva. Al contrario il salario minimo copre quel crescente numero di lavoratori che oggi sfugge alle maglie della contrattazione collettiva. Quanti sono? Purtroppo non lo sappiamo. In Italia c’è un pesante deficit di informazione sulla copertura effettiva della contrattazione collettiva. Basta sfogliare l’ultimo rapporto dell’Ocse: mentre per tutti i paesi c’è una serie storica sulla percentuale di lavoratori coperti dalla contrattazione, per l’Italia c’è una sola osservazione tratta, tra l’altro, da una “stima di esperti” ormai datata. Dal momento che il governo, in accordo coi sindacati, ha deciso di investire più risorse nel cosiddetto welfare aziendale soggetto alla contrattazione collettiva aziendale, è fondamentale avere oggi più trasparenza, più informazioni, sulle rappresentatività dei sindacati e delle associazioni di categoria e sui luoghi della contrattazione aziendale. È una questione di democrazia: dobbiamo sapere chi può accedere al welfare aziendale e chi no. Servirà anche a dare attuazione all’accordo del 2013 sulla contrattazione, su cui le parti tornano ad incontrarsi questo pomeriggio. (ieri, senza risultato, le parti si sono riconvocate e gli osservatori hanno commentato negativamente l’assenza di indicazioni) I dati sulle iscrizioni ai sindacati sono già oggi in possesso dell’Inps, limitatamente alle imprese più grandi e maggiormente sindacalizzate, che fanno capo a Confindustria. Ci dicono che i tassi di sindacalizzazione in Italia potrebbero essere più bassi di quanto comunemente si ritiene: in queste imprese siamo attorno al 25%, molto meno del 40% riportato dall’Ocse, sulla base di segnalazioni degli stessi sindacati. Siamo disponibili a raccogliere anche i dati sulle elezioni delle RSU, utili a completare le misure di rappresentanza definite nell’accordo del 2013”. (14 gennaio 2014 ndr).

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Non è mancato quindi l’ennesimo attacco alla credibilità del sindacato confederale che fatica a dotarsi degli strumenti adeguati ad evitare queste polemiche, in parte supportate dai dati che sono inevitabilmente parziali. Non tengono conto che non tutte le imprese comunicano i dati di iscrizione attraverso l’UNIEMENS e che quella che Boeri auspica, cioè la completezza dei dati con i voti dei verbali RSU sono ancora in ritardo. Solo in questi mesi e non ovunque, è cominciata la raccolta e validazione dei dati presso le commissioni ITL.

Voucher e lavoro accessorio

Su questo tema si tende a prendere il sacco in cima e a non considerare che non tutto il sindacato ha fatto barriera sui voucher. Si è tentata la strada del miglioramento dello strumento per evitare gli abusi. Il Governo decise invece di farne tabula rasa per poi introdurre il nuovo “Prest0” che lo sostituisce con una serie di vincoli che lo rendono meno appetibile ma certamente più tracciabile. Cosa è successo però fino ad ora con i Voucher? Ecco la tabella:

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Vedremo cosa succederà con il nuovo strumento.

Fonte: rapporto INPS 2017