Abusivismo, ipocrisie, low cost: i veri problemi dell’occupazione giovanile

Se per abusivismo si intende il non rispetto delle regole, tramite il quale chi lo esercita si avvantaggia a scapito della collettività che, in un modo o nell’altro, deve accollarsi gli oneri delle emergenze e del risanamento, si può affermare “tranquillamente” che esso esiste anche nel mondo del lavoro. Lavoro nero e grigio, evasione, elusione fiscale e frodi, contratti di lavoro “fai da te” e apprendistato fasullo a danno dei giovani, lo testimoniano. Come lo confermano gli sgravi fiscali illecitamente incamerati dalle imprese che il Ministro del Lavoro Poletti, bontà sua, definisce comportamenti furbeschi, preannunciando norme anti-licenziamento, che per il momento sono solo chiacchiere, mentre invece sono misure concrete quelle adottate dal precedente governo, di cui faceva parte, per facilitare i licenziamenti. Anche nel campo del lavoro, il più delle volte, gli abusi non derivano da una condizione di necessità ma dalla mera convenienza e dalla convinzione di farla franca, anche perché chi dovrebbe intervenire tempestivamente per prevenirli, spesso non lo fa.

Foto Fabio Cimaglia / LaPresse.12-03-2014 Roma.Politica.Conferenza stampa dopo il Consiglio dei Ministri.Nella foto Giuliano Poletti..Photo Fabio Cimaglia / LaPresse.12-03-2014 Rome (Italy).Press conference after the Council of Ministers.In the photo Giuliano Poletti

Foto Fabio Cimaglia

Purtroppo siamo stati quasi educati all’abusivismo anziché al suo contrario, con l’aggravante, nel mondo del lavoro, di aver messo in ridicolo i diritti delle persone, fatti passare per lacci e laccioli, nonché i controlli, associati genericamente alla burocrazia, salvo poi prendersela con chi non ha vigilato quando scoppiano i bubboni. Investire per creare sviluppo e lavoro non può non trovarci d’accordo, ma gli ulteriori sgravi di cui si sta parlando anche scomodando ipotesi ridicole, come quella di un fantomatico Piano Marshall per i giovani, devono essere effettivamente vincolati alla creazione di lavoro aggiuntivo, verificato con metodi e strumenti che devono vedere il coinvolgimento delle organizzazioni sindacali, sia nella contrattazione che all’interno del sistema relazionale che coinvolge sia le Confederazioni che le Categorie. Bisogna dare un taglio alle ipocrisie istituzionali, proprio a scapito dei giovani, i quali risultano penalizzati due volte da chi ha fatto di tutto per alimentare un conflitto generazionale anziché indicare nel mancato sviluppo quanti-qualitativo la ragione di fondo della disoccupazione di massa, della sottoccupazione e del precariato, fatto passare per flessibilità.

Un momento del quarto raduno dei Giovani per la Pace in piazza del Plebiscito a Napoli, 04 ottobre 2014. ANSA/CESARE ABBATE

foto Cesare Abbate

Penalizzati quando non trovano lavoro perché non si fanno investimenti adeguati, anche per effetto dell’enorme evasione fiscale delle imprese che sottrae risorse preziose per opere pubbliche e servizi sociali; penalizzati anche quando un po’ di lavoro lo trovano ma vengono usati, talvolta sfruttati e sempre sottopagati a parità di lavoro e di rendimento. E deprivati del loro diritto alla formazione vera, trasversale e interdisciplinare che solo la partecipazione effettiva delle organizzazioni sindacali può garantire. La si smetta, quindi, di fare retorica sui giovani anche riguardo all’apprendistato per svolgere lavori semplici e ripetitivi che si apprendono in brevissimo tempo e che, il più delle volte, serve solo alle imprese per ottenere il triplice (triplice!) vantaggio dello sgravio contributivo, del taglio della retribuzione e della assurda possibilità di mettere alla porta l’apprendista senza bisogno di spiegare il perché.

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Ottimo istituto l’apprendistato quando è vero e serve a imparare un mestiere, ipocrita soluzione quando serve solo a un low cost del lavoro che non crea nemmeno occupazione aggiuntiva, bensì sostitutiva. La filosofia del low cost eretto a sistema generalizzato è una realtà ambivalente che rischia di impoverire il lavoro umano, il quale è una componente importante del costo di un prodotto o di un servizio. Il low cost piace, è popolare, tutti vogliamo avere prodotti e servizi il meno costosi possibile, con lo sconto, in saldo o addirittura “sotto costo”. Sembra quasi un nonsenso, ma dal sottocosto del prodotto si rischia concretamente di passare al sottocosto del lavoro… umano. Legalizzarlo, perché tanto è sempre meglio della disoccupazione e del lavoro nero, non ha mai risolto nessun problema, anzi ne ha creati tanti, il principale dei quali è la svalorizzazione del lavoro regolare e dignitoso che la UIL ha sempre contestato e contrastato. Aiutare le imprese a funzionare e stare nel mercato va bene, bisogna dirlo e farlo senza tante remore. Chiudere gli occhi, no. Siamo nati ed esistiamo per tutt’altre ragioni…

Giovanni Gazzo (Uiltucs Lombardia)