Emergenza caldo: Regione e parti datoriali dicono no all’ordinanza
Eloisa Dacquino: <<Si tratta di una posizione incomprensibile e grave. Le azioni informative e di controllo di ATS non bastano. Il mancato intervento finora di Regione Lombardia e la posizione assunta dalle parti datoriali rappresenta un segnale politico e istituzionale negativo>>.
Nel corso della riunione odierna della Cabina di Regia regionale e del Comitato ex art. 7 del D.lgs. 81/08, UIL, CGIL, CISL Lombardia hanno nuovamente avanzato la richiesta che Regione Lombardia emetta un’ordinanza regionale che vieti lo svolgimento di attività lavorative nelle ore più calde della giornata, in particolare nei settori outdoor maggiormente esposti.
Una proposta più volte indirizzata negli scorsi mesi in sede di Cabina di regia, e che oggi non è stata condivisa né dalla Regione né dalle rappresentanze datoriali presenti al Tavolo.
<< Si tratta di una posizione che giudichiamo incomprensibile e grave – dichiara Eloisa Dacquino, Segretaria confederale UIL Lombardia – soprattutto alla luce delle misure già assunte da altre Regioni come Lazio, Puglia, Calabria e Umbria, che hanno emanato ordinanze vincolanti per la sospensione delle attività all’aperto nella fascia oraria più critica (12:30–16:00), sulla base degli indicatori forniti dal sistema Worklimate>>.
<<Le azioni informative e di controllo messe in campo dalle ATS – prosegue Dacquino – pur apprezzabili, non bastano. In assenza di un atto normativo che imponga limiti precisi e cogenti, le lavoratrici e i lavoratori continuano a essere esposti a rischi elevati, soprattutto in edilizia, agricoltura, logistica e in tutti i contesti in cui il caldo può diventare causa di gravi conseguenze per la salute>>.
Purtroppo quella del caldo non è un’emergenza passeggera: il cambiamento climatico è ormai una realtà che impone risposte strutturali e immediate. <<Il mancato intervento finora di Regione Lombardia e la posizione assunta dalle parti datoriali – conclude Eloisa Dacquino – rappresenta un segnale politico e istituzionale negativo, che sembra anteporre logiche produttive al diritto alla salute e alla sicurezza delle persone. Nel frattempo, lavoratrici e lavoratori continuano a essere esposti a rischi elevati>>