Ius soli di Clara Lazzarini

Voglio esprimere un parere sulla base della presa d’atto che il nostro Paese è profondamente cambiato.

Contrariamente a quanto si dice, la questione della cittadinanza é questione giuridica di rapporto tra Stato e Persona e di concezione e modello di società in cui i sudditi, portatori di obblighi e doveri, diventano cittadini cioè anche portatori di diritti civili, sociali e politici.

Lo sapevano già gli antichi Romani che per essere pienamente liberi giuridicamente dovevano godere dello stato di civitatis, libertatis e familiae ma che non erano avari nel riconoscere lo status di cittadini per rafforzare  e consolidare un impero,( per altro costruito sulla conquista più che sulla libera scelta di spostamento per ricercare lavoro e benessere ) e che non conoscevano razzismo, ma solo l’obbligo di  riconoscere il potere e il diritto romano.

Oggi, nelle democrazie mature, non si pone più in discussione il diritto ad essere cittadini e non sudditi e la scelta fondamentale che si trovano a fare gli ordinamenti è quella tra ius sanguinis e ius soli.

Lo ius sanguinis (o modello tedesco) presuppone una concezione “oggettiva” della cittadinanza, basata sul sangue, sull’etnia, sulla lingua .

Lo ius soli (o modello francese) presuppone, invece, una concezione “soggettiva” della cittadinanza, come patto quotidiano.

Lo ius sanguinis fu adottato dai paesi interessati da una forte emigrazione per  tutelare  i diritti dei discendenti degli emigranti,  o da paesi interessati a  ridelimitazioni dei confini (molti paesi europei fra cui l’Italia) . Di conseguenza attualmente la maggior parte degli stati europei adotta lo ius sanguinis, con la rilevante eccezione della Francia, dove vige lo ius soli fin dal 1515.

Lo ius soli, che  determina l’allargamento della cittadinanza ai figli degli immigrati nati sul territorio dello Stato, è stato adottato dai  paesi con una forte immigrazione ( come  Stati Uniti, Argentina, Brasile, Canada ecc.) .

Attualmente molti Paesi di emigranti sono diventati Paesi di forte immigrazione e gli spostamenti, non solo da un paese all’altro ma da un continente all’altro per la loro rapidità e facilità, pongono nuovi problemi e la necessità di rivedere gli ordinamenti.

Per precisare, negli Stati Uniti vige la cittadinanza legale anche per i figli dei clandestini. La legge sulla cittadinanza fu stabilita dal XIV emendamento che riconosce cittadini tutti coloro che sono nati in America senza riguardo alla nazionalità dei genitori ( con l’eccezione dei figli dei diplomatici). Il XIV emendamento venne approvato circa 150 anni fa poco dopo la fine della Guerra Civile americana risolvendo, fra l’altro, il problema degli afro-americani i quali fino a poco tempo prima erano ( come cose ) in gran parte proprietà dei bianchi. L’emendamento garantiva così la stessa protezione legale a tutte le persone sottoposte alla giurisdizione degli Stati Uniti.

Questa scelta è stata messa sotto attacco più volte da gruppi di estrema destra ma più volte confermata   dalla Corte Suprema. L’ultima volta è avvenuta nel 1982.

Attualmente tutta la politica trumpiana può dare effetti involutivi.

Sono tanti i discendenti di emigranti Italiani che oggi sono ai massimi livelli dello Stato ed ai massimi livelli della cultura, della scienza e degli affari che, senza dimenticare le proprie radici, sono pienamente Americani. L’elenco dei nomi sarebbe troppo lungo.

Non é un caso che i due Paesi che hanno dato vita alle grandi rivoluzioni che hanno fatto l’occidente ( Francia e USA ) si avvalgano di un ordinamento come lo ius soli che ha dato nei secoli effetti positivi.

Lo ius sanguinis e l’idea di preservare lingua , etnia, cultura ha dato effetti curiosi relativamente a questi obiettivi: i discendenti di seconda e terza generazione di emigranti italiani sono cittadini italiani che non sanno una parola di Italiano, che talvolta, per matrimoni misti,  hanno varietà di colori della pelle e che non capiscono usi e costumi,  sociali e politici, del nostro bel Paese. Eppure sono cittadini Italiani, con doppia cittadinanza.

Dobbiamo togliere loro le cittadinanze? Assolutamente no, le mantengono per diritto di sangue oltre che per diritto di suolo.

Ma va ricordato che lo ius sanguinis è stato per molto tempo causa ed effetto di disuguaglianze o, per dirla più lievemente, di pasticci.

La legge italiana sulla cittadinanza del 1912 disponeva nel caso in cui una cittadina italiana contraeva matrimonio con un cittadino straniero la perdita della cittadinanza, in base al principio che la donna coniugata seguiva la cittadinanza del marito, ed ovviamente i figli seguivano lo status di cittadinanza del padre.

Bisogna attendere due sentenze della Corte Costituzionale del 75 e dell’83 ed il nuovo diritto di famiglia  per consentire alla donna di riacquistare, tramite istanza, la cittadinanza eventualmente persa per matrimonio con straniero e di trasmettere la cittadinanza non solo per via paterna ma con efficacia retroattiva fino dalla data 1°gennaio 1948. Ma solo con la sentenza di Cassazione civile del 25/02/2009, n. 4467 si  stabilisce che le donne hanno diritto ad avere riconosciuta la cittadinanza anche prima del 48 (entrata in vigore della Costituzione)  ed a trasmetterla ai loro discendenti.

Concetti non ancora metabolizzati da molti che parlano di eredità della cittadinanza dal padre.

Tutto questo potrebbe essere superato dal diretto patto tra Stato e Soggetto di diritto che è il bambino nato.

La cittadinanza, è condizione imprescindibile in ogni democrazia che sia veramente tale, e non può essere data o tolta a seconda dei valori o disvalori che si praticano a secondo dei tempi.

La cittadinanza ha importanti valenze sociologiche in senso di identità e di appartenenza ad una determinata comunità politica. Valenze che devono consolidarsi precocemente potenziando il lavoro della scuola e della comunità.

E come detto è questione giuridica e non culturale ma può promuovere la conoscenza e l’appartenenza culturale .

L’Italia dovrebbe conoscere bene    la Dichiarazione dei diritti del bambino approvata dall’ONU il 20 Novembre 1959 e la Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia – New York 20 novembre 1989 – ratificate anche dall’Italia ma spesso ignorate.

Modificare l’ordinamento per l’attribuzione della cittadinanza non è che un atto per la piena attuazione dei valori della Costituzione e dei principi della democrazia: pertanto è interesse di tutti.

Clara Lazzarini