Dj Fabo ha dato un morso alla prigione della sofferenza
Fabiano Antoniani #DjFabo
Ha dato un morso alla prigione della sofferenza.
Ha strappato la corda dell’impotenza a vivere la propria vita e ad essere quello che si era configurato nei suoi pensieri.
Ha deciso: con quella determinazione che manca a coloro che dovrebbero prendere atto dei fenomeni e dei desideri della comunità che devono governare. Senza trastullarsi nei propri stereotipi e pregiudizi ma tenendo conto delle convinzioni, di tutte le convinzioni, delle donne e degli uomini con norme che non obbligano ma permettono le scelte.
A fronte delle conquiste della scienza (che permettono di riuscire a vivere ma anche spesso solo a sopravvivere), a fronte dei cambiamenti demografici e culturali, si potrebbe accusare il Parlamento di colpevole negligenza perché non tiene conto che si ampliano le possibilità di scelta individuale.
Senza ipocrisie, si dovrebbe indagare sulla tendenza a non curare o a curare male le persone anziane.
A non prevenire le tante malattie congenite con le dovute indagini, il tutto in omaggio ai vincoli di bilancio. Vincoli che non valgono per chi si assume il compito di assistere e curare privatamente e che viene colpevolizzato se entra in crisi per la sovraesposizione al dolore.
Oggi una legge sul testamento biologico sarebbe un passo in avanti per una nazione tristemente moderata come l’Italia . Ma sarebbe del tutto insufficiente a risolvere anche i problemi esistenziali profondi di una popolazione a rischio per incidenti, incidenti sul lavoro, malattie, solitudine o persino per il “tedium vitae”.
Paesi più avanzati dell’ Italia pensano a soluzioni legislative per chi non ha la possibilità di continuare la propria vita in modo significativo, per chi soffre per la perdita della mobilità e dell’indipendenza,
E’ ora e necessario riflettere sul fatto che la vita si misura in qualità e non in in quantità.
E che la vita per ogni persona é un diritto e non un obbligo.
Così la pensano molti Italiani.
Ma forse é troppo difficile per il Parlamento.
Clara Lazzarini
UIL Milano e Lombardia