Censis e Istat confermano la sanità negata

La sanità negata da sospetto é diventata certezza misurabile e certificata dai dati pubblicati dalla ricerca del Censis ed in parte confermata da dati Istat, affermano Ciro Capuano e Clara Lazzarini, rispettivamente Segretario Generale Aggiunto e Segretaria della UIL Milano e Lombardia.
A fronte del momento di crisi – che dovrebbe imporre una maggiore tutela dei cittadini ed in essi delle persone più fragili – si assiste ad una progressiva inefficienza del nostro SSN: minori finanziamenti che lo pongono ai livelli più bassi dei Paesi UE,e maggior numero di persone che rinuncia non solo alla prevenzione ma anche alla cura stessa.  Infatti il dato più allarmante riguarda i milioni di persone che non potendo mettere mano al proprio portafogli, decidono di rinunciare a curarsi.

Le categorie maggiormente colpite sono gli  anziani ed i  giovani e giovanissimi. Per molteplici cause:

– i ticket che sono ormai ineludibile spesa sanitaria sostenuta dai cittadini;
– le interminabili liste attesa che obbligano a ricorrere alle visite intramoenia (libera professione all’interno degli ospedali) e alle visite private sostenendo dei costi che, nella stragrande maggioranza dei casi, incidono pesantemente sul budget familiare;
– gli orari dei laboratori, degli ambulatori e degli studi medici privati che sono aperti anche di sera e nei weekend.

Non ultima la contrarietà dei cittadini verso la norma cosiddetta della “appropriatezza”. I cittadini infatti sostengono la piena autonomia decisionale del medico di base nello stabilire le terapie e ritengono la norma citata motivata dalla logica dei tagli, estremamente burocratica ed in definitiva strumento per trasferire sui cittadini il costo delle prestazioni.
In questo quadro, il diritto alla salute, costituzionalmente garantito a tutti i cittadini, viene meno di fatto; e la “libera scelta”,  vanto della Regione Lombardia, diventa di fatto “ obbligo di scelta”: il tutto ovviamente per chi può pagare.
Occorre pertanto riconquistare l’universalismo  della salute, da tutelare senza alcuna distinzione di condizioni individuali, sociali ed economiche.
Detto questo, ribadiamo che  il ricorso all’assistenza sanitaria integrativa opportunamente normata può rappresentare da una parte una opportunità per i cittadini e  dall’altra una supplemento  in un’ottica integrativa e non sostitutiva per il SSN  al fine di aiutarlo a compiere un passo di protezione sociale verso l’universalismo reale.
In fine, pesa soprattutto l’opinione dei cittadini sullo “scadimento della qualità del servizio sanitario pubblico”: mentre per il 41,4% la qualità è rimasta inalterata e solo per il 13,5% è migliorata, per il 45,1% degli italiani nella propria regione è peggiorata. Lo pensa  il 49% dei residenti al Centro, il 52,8% dei residenti al Sud.
E, sorprendentemente, lo pensa anche il 39,4% dei residenti nel Nord-Ovest ed il  35,4% dei residenti nel Nord-Est.
Pertanto, nell’ottica di riconquistare l’universalismo della salute, utilizzando  questi dati, intendiamo continuare e concretizzare il confronto con i vertici della Regione Lombardia anche per conoscere l’impatto concreto del disagio, denunciato dalle ricerche, sulla nostra comunità.
Ed intendiamo sollecitare la Confederazione Nazionale a prendere tutte le iniziative necessarie per ridiscutere le norme varate in contraddizione con i diritti costituzionalmente garantiti.