Quarta rivoluzione industriale: la domanda di competenze di micro e piccole imprese

Il convegno del 20 settembre scorso che la UIL Milano e Lombardia insieme alla Fondazione Kulishoff ha tenuto presso il Politorium Progetto Europa a Milano, ha analizzato il processo di cambiamento e di evoluzione nella “quarta rivoluzione industriale”. Ecco una sintesi della discussione a partire dalla introduzione del Segretario Generale UIL Milano Lombardia Danilo Margaritella che ha sottolineato come il mercato del lavoro italiano presenta un gap rispetto alla domanda che viene prendendo forma con la Rivoluzione Digitale. Abbondiamo di professioni impiegatizie e ripetitive e nei prossimi vent’anni il 60% di queste rischia di scomparire.

La quarta rivoluzione industriale si rivolge principalmente alla platea delle giovani generazioni, a cui dobbiamo offrire opportunità di lavoro e competenze.

Questi i 3 elementi che possono rispondere alla crescente esigenza di occupabilità da parte dei giovani:

-riforme strutturali a partire taglio del cuneo fiscale.

-forte investimento sull’apprendistato soprattutto di 1° e 3° livello come leva fondamentale dell’alternanza scuola – lavoro

-creazione di nuove competenze richieste dalle imprese attraverso un’istruzione superiore a carattere professionalizzante, e puntuale attenzione all’acquisizione di competenze trasversali.

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La relazione del Professor Mario Mezzanzanica, direttore del CRISP – Università Bicocca

Il confronto i tassi di occupazione e disoccupazione di Italia e Europa: da notare in particolare il tasso di occupazione, che in Europa ha già superato i livelli pre-crisi (2008) mentre in Italia siamo ancora sotto; inoltre la differenza tra il tasso italiano e quello europeo, costante attorno ai 5 punti prima della crisi, è aumentato fino a superare i 9 punti nel 2016. Nel tempo lungo il tasso di occupazione italiano è praticamente fermo, con variazioni in alto e in basso sostanzialmente cicliche, mentre in Europa l’occupazione cresce.

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La mobilità del lavoro in Lombardia, ovvero la percentuale di persone che hanno cambiato posizione lavorativa almeno una volta, per qualunque causa (assunzioni, cessazioni, passaggio ad altra azienda, ecc.). Tre osservazioni: la mobilità totale è molto più alta adesso che prima della crisi, tuttavia dal 2015 tende a diminuire in tutti i comparti, a confermare che la graduale ripresa porta con sé maggiore stabilità. La mobilità è molto più bassa nell’industria manifatturiera, dove il lavoro è, per forza di cose, meno volatile. Il dato più alto è quello dell’edilizia ovviamente per cause strutturali (si lavora per cantieri e quindi a termine).

Sul piano della mobilità, il mercato del lavoro lombardo presenta un carattere adeguato alle esigenze di oggi.

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I grafici a seguire mostrano come le competenze digitali siano necessarie anche per professioni che non appartengano al comparto dell’ICT vero e proprio: in particolare la slide 11 mostra come anche in professioni tradizionali dell’industria manifatturiera sia richiesto un minimo di competenze digitali, o anche per professioni non direttamente impegnate in produzione, quali contabili, gestione del personale, magazzinieri ecc.

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Una tendenza che in Italia è ancora agli inizi, ma che si va consolidando in Europa ed è destinata a modificare profondamente la composizione delle forze di lavoro: la domanda di lavoro si va polarizzando tra due estremi (le professioni dirigenziali, scientifiche e tecniche con skills informatiche molto alte e le professioni non qualificate). Nel mezzo le tradizionali professioni impiegatizie, dei servizi e di operaio specializzato, hanno molto meno richiesta. Chiaramente questo imporrà un profondo ripensamento del sistema di istruzione-formazione.

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I rappresentanti di Confcommercio, Confartigianato e Confcooperative Marina Verderajme, Mauro Colombo e Samuele Bozzoni hanno sottolineato come la polarizzazione del mercato del lavoro non deprima la richiesta di professioni più tradizionali, soprattutto tra le piccole imprese. A conferma di questo citano le numerose professioni con “soft skills” che le imprese cercano e restano ampiamente inevase, anche in Lombardia.

La rappresentante di Randstad Rossella Fasola ha illustrato l’esperienza di  Istruzione Tecnica Superiore nella quale Randstad è coinvolta, con ottimi esiti occupazionale. Ha però sottolineato come la costituzione di un ITS comporti grandi difficoltà procedurali e gestionali, che andrebbero semplificate per allargare  l’esperienza.

Chiara Manfredda di Assolombarda ha proposto alla Regione e alle parti sociali di dar vita ad una stretta cooperazione nella costituzione e nella gestione degli ITS, in modo da creare un ambiente in cui aziende e scuole interagiscano, offrendo agli studenti un percorso che va dalla formazione all’assunzione in azienda.

Giuseppe Di Raimondo, direttore Vicario di Regione Lombardia, ha osservato che la complessità delle procedure relative agli ITS è da ricondurre alle normative europee, che non lasciano margini di manovra. Sollecitato dal dibattito in merito alla validità della formazione professionale regionale, ha fatto notare che  la Regione paga in modo sensibilmente differente gli Enti Formatori a seconda delle skills proposte agli studenti, ed ha aggiunto che l’alternanza scuola-lavoro, sia negli istituti superiori sia nell’apprendistato per il conseguimento del diploma sta dando risultati importanti, e che è intenzione della Regione investire sempre di più su questi strumenti

Walter Galbusera, Presidente della Fondazione Kuliscioff,  ha concluso il dibattito notando come in gran parte il problema di attrezzarsi per il nuovo mercato del lavoro dipenda dal sistema di istruzione e formazione, che va ricondotto a pratiche di responsabilità, merito e selezione. Problema che peraltro non è solo della scuola, ma permea molti ambiti dell’amministrazione, della giustizia, dei servizi pubblici.