Ignorata la Convenzione ILO 190 dal Consiglio di Stato

Minacce, ricatti e botte non contano se il ragazzo “ha un buon curriculum”: lui può continuare gli studi, lei si dovrà arrangiare.

Con ordinanze interlocutorie, il Consiglio di stato (cinque uomini) ancora una volta accoglie un ricorso che fa ricadere il danno sulla donna salvaguardando l’aggressore.

Ancora una volta si riduce una violenza sistematica ad un “rapporto travagliato tra ragazzi”, come afferma la tesi difensiva. Si impone al Sant’Anna di riammettere lo studente espulso “almeno fino alla sentenza di merito” – ovvero lasciandogli il tempo di finire gli studi.

E la studentessa? Che se lo ritroverà accanto tutti i giorni, rimettendoci in termini di serenità e forse anche di rendimento? Che ha visto il suo nome citato in chiaro nonostante il diritto alla privacy? La Normale ha agito in piena legittimità, soprattutto alla luce della Convenzione ILO 190, ratificata dall’Italia come primo tra i paesi europei lo scorso 20 gennaio. E se i fatti iniziano a settembre, le ordinanze sono dell’11 febbraio e del 19 marzo, quindi successive alla ratifica.

Il Consiglio avrebbe dovuto sapere che la Convenzione ILO n 190 impone al datore di lavoro di assicurare protezione da molestie, molestie sessuali e violenza ai “lavoratori” sul “posto di lavoro“, e innova le definizioni: come “posto di lavoro” vale qualsiasi luogo dove si lavori o sia correlato al lavoro, e come soggetti a cui assicurare protezione e salute sono espressamente citate persone in formazione e chi è in formazione.

L’intervento della Scuola, cha ha adottato il provvedimento di espulsione come previsto dal Regolamento interno che gli studenti conoscono, è stato rispettoso della studentessa ed attivato in ossequio agli obblighi in termini di salute e sicurezza posti in capo al responsabile dell’istituzione in cui sono avvenuti comportamenti vessatori, ripetuti per mesi, “offese gravissime e reiterate, minacce e ricatti (anche di revenge porn, diffusione di immagini intime senza l’autorizzazione dell’interessata, come si precisa nell’articolo qui https://iltirreno.gelocal.it/regione/toscana/2021/05/01/news/lo-stalker-del-sant-anna-bravo-ascuola-e-violento-1.40222057 ), pedinamenti e controlli ossessivi dentro il collegio e fuori.

Come mai un giudice ha ritenuto di poter cambiare la decisione dell’Università? Come mai quella motivazione così offensiva per la studentessa: “lui è troppo bravo”, mentre lei? Lei non “vale” altrettanto quanto un “lui” qualsiasi e per di più molestante? A lei non è dovuta protezione da altre molestie?

Lei non ha diritto a continuare a studiare serenamente, senza subire un peso ulteriore che ne condizionerà il rendimento, in un Paese che predica che le ragazze devono essere stimolate ad impegnarsi nelle STEM?

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Ed ancora, che tipo di persona è un ragazzo che si comporta come ha fatto, che si sente superiore ad una istituzione che lo ha (giustamente) sanzionato – ma avendo i mezzi può ricorrere in sede giudiziale -, cosa imparerà da questa vicenda un rampollo che già oggi appartiene ad una élite e che domani potrebbe far parte della dirigenza di questo Paese… come si comporterà “da grande” questo virgulto quando domani sarà un politico, un imprenditore, un libero professionista, un lavoratore? Ancora una volta passa il messaggio che denunciare non serve, non serve ad essere tutelate. Anzi, che è normale che dalla ragione si passi al torto. Passa il concetto che se sei un uomo la puoi fare franca. E di chi è e sarà la colpa? Ancora e sempre della ragazza? Come si può insistere a chiedere che le molestie siano denunciate prima che sia troppo tardi, se anche in conseguenza di abusi reiterati e chiaramente documentati il molestante trova sempre chi lo giustifica – e lo assolve? E soprattutto, che tutele maggiori può aspettarsi una donna dopo questa palese ignoranza della Convenzione ILO 190 per la quale il Paese ha fatto un importante sforzo di ratifica?